I l linfoma di Hodgkin (LH) è la neoplasia più frequente nei giovani, nella fascia tra i 15 e i 19 anni di età. La prognosi della malattia generalmente è ottima e una percentuale tra l’80% e il 90% dei pazienti si mostra essere libera da malattia dopo 5 anni, risultando clinicamente guarita.
A fronte di questo dato entusiasmante, i dati epidemiologici mostrano come in una fascia di età più adulta (ovvero tra i 30 e i 40 anni di età) alcune tra le persone guarite dal linfoma di Hodgkin presentano delle disfunzioni dell’apparato respiratorio, locomotore e cardiovascolare tipicamente legate all’invecchiamento che impattano negativamente sulla qualità di vita. A questo riguardo, un recente studio indica che in questi ex-pazienti ematologici l’indice di co-morbidità (ovvero la presenza di più malattie degenerative nello stesso soggetto) sia simile a quella di una popolazione decisamente più anziana.
Da questi dati nasce la decisione di misurare il processo di invecchiamento biologico, diverso da quello cronologico ovvero quello determinato dalla età anagrafica, in questa tipologia di soggetti.
L’invecchiamento biologico è studiabile attraverso indagini e metodologie molecolari e cellulari che permettono di leggere in maniera dettagliata le lancette dei cosiddetti “orologi di invecchiamento”. Gli “orologi di invecchiamento” permettono di quantificare il processo di invecchiamento e di dare conto di una sua eventuale accelerazione. Sono misure che richiedono tecniche di biologia molecolare e cellulare che permettono nel loro insieme di determinare quanto un individuo di una certa età cronologica sia biologicamente più giovane o più vecchio rispetto alla età sancita dalla propria carta di identità.
Per quanto concerne gli aspetti strettamente tecnici, gli orologi di invecchiamento epigenetico sono basati sullo studio di specifiche regioni del genoma umano che mostrano differenze a livello della “punteggiatura” di metilazione, ovvero di quelle modificazioni che ne determinano la lettura o meno in sintonia con altre regioni del genoma stesso. Esistono anche “orologi” di invecchiamento basati sulla quantificazione del processo infiammatorio, ovvero di quel processo di risposta che da un lato presiede alla risposta alle malattie da infezione, dall’altro risulta coinvolto nella insorgenza delle più comuni malattie associate all’età. In questo caso si misurano proteine e acidi nucleici che vengono prodotti in maggiore quantità durante la infiammazione ma che a loro volta posso innescare meccanismi di malattia se prodotti in eccesso e per un tempo prolungato.
Fortunatamente entrambe le categorie di esami richiedono solo un piccolo prelievo di sangue periferico, attuabile a livello ambulatoriale, dal quale ottenere tutto il materiale per le indagini necessarie. Il progetto in questione si pone quindi l’obiettivo di studiare sia gli orologi epigenetici che quelli infiammatori in soggetti affetti da LH e liberi da malattia per determinare se e quanto parametri epigenetici e infiammatori siano in linea con il fisiologico processo di invecchiamento cronologico.
Questa indagine consente di porre le basi per strategie epidemiologiche mirate a coloro che presentino accelerazioni del processo di invecchiamento e che quindi risultino più esposti alle complicanze legate a tale evento, ovvero l’aumentata incidenza di disfunzioni e degenerazioni legate all’età. La comprensione dei meccanismi biologici sottostanti a tali fenomeni permetterà di effettuare interventi terapeutici mirati che consentano un miglioramento della qualità di vita e della salute nei pazienti guariti da LH.