Ce lo raccontano Aurelio Luglio e Massimiliano Nucci, due professionisti delle Risorse Umane, oltre che cari amici di AIL Bologna, ai quali abbiamo chiesto un focus sulla gentilezza in ambito lavorativo. Grazie per questo prezioso contributo.
Il valore della gentilezza
Noi di AIL siamo impegnati ad affermare che attraverso l’esercizio quotidiano della gentilezza e dell’attenzione si possa trasformare il mondo. Si dice che un sorriso illumina più di un raggio di sole ed è noto che vivere un’esperienza di gentilezza scatena sostanze che vengono normalmente rilasciate nelle situazioni piacevoli. Continuamente nella vita di tutti i giorni, per strada, a scuola, in palestra ci confrontiamo con le azioni e le emozioni degli altri. Ma è sul lavoro che trascorriamo una parte significativa del nostro tempo, ed è sul lavoro che incontriamo gli altri nel ruolo di collega, cliente, capo, collaboratore. Ho sempre pensato che anche sul lavoro la gentilezza fosse un ingrediente indispensabile, un “profumo” che si sente nell’aria quando c’è ma anche quando manca.
Ne parlo con Massimiliano Nucci, prima di tutto amico, poi direttore risorse umane, “umanista” di professione e cultore dei temi della diversity e dell’inclusione per passione. Massimiliano definisce la gentilezza “… la musica per entrare in sintonia con le persone…”.
Il suo ruolo professionale lo ha portato a vivere anche esperienze difficili, dolorose, riduzioni di organico, licenziamenti ma, continua “… persino in queste circostanze è possibile mantenere lo sguardo gentile, quello che fa considerare chi ti siede davanti una persona e non un numero”.
Lui pensa che il responsabile del personale abbia il compito di coltivare tre sorrisi: il sorriso del collaboratore, quello dell’imprenditore e quello del cliente. Dice: “Se uno dei tre soggetti non sorride, l’impresa non è in equilibrio e si generano sofferenza, malumore, frustrazione.”
Nel nostro tempo si sente molto il desiderio di essere riconosciuti e di poter esprimere sé stessi anche sul posto di lavoro. La gentilezza e l’attenzione sono i comportamenti che meglio trasmettono la sensazione di essere accolti e consentono a chiunque di sentirsi a proprio agio, di non essere valutati per il sesso, il colore della pelle, l’abbigliamento, l’orientamento sessuale o religioso, la scelta alimentare o altro.
Fatto sta che un gesto gentile difficilmente si dimentica in particolare in quelle situazioni in cui siamo o ci sentiamo vulnerabili. Io ho vissuto l’esperienza della malattia ematologica, risolta grazie ad un trapianto di cellule staminali da parte di un “gentile” donatore, e molte volte lungo il percorso mi sono sentito vulnerabile. Nel corso della malattia la stanchezza toglie le risorse necessarie a reagire, la paura paralizza il pensiero, il dolore fisico abbassa le barriere e rende fragili anche nelle semplici interazioni umane, dove una parola e un gesto hanno il peso di un macigno o la leggerezza di una piuma.
I medici, il personale sanitario, lo staff e i Volontari conoscono bene il valore di un gesto gentile, la sua capacità di allentare le tensioni, di generare un sorriso e non potrò mai dimenticare lo sguardo di chi si è rivolto a me con gentilezza ed attenzione.